La nostra recensione. Le Case: piccolo borgo arroccato sulle montagne della Maremma toscana; case appunto, ma anche nebbia, miniere e polvere, rocce, tante rocce, sole quando c’è, e storie, storie di persone, che si portano una croce appresso e il buio nell’anima, per lo più. Come quella di Domenico, contadino da sempre e da sempre innamorato di Givannona, zitella obesa e incarognita; quella di don Lauro, che rubacchia nella cassetta della offerte e beve per tirare avanti; quella dell’amico Fritz, misterioso talento scacchistico; quella di Divo, minatore in pensione; quella di Adele, meglio conosciuta come la vedova Isastia, che intraprende una scalata sociale tanto incoraggiata dalla madre quanto mal vista dal resto del paese; quella di Angiolino, «a cui piace prenderlo nelle tasche di dietro»? e molte, molte altre. Già, perché Le Case del malcontento è un romanzo corale: durante ogni capitolo un personaggio si racconta o racconta un pezzo della vita degli altri, o del paese. Con la probabilità di essere smentito il capitolo successivo da qualcun altro, o il suo punto di vista stravolto completamente. Perché ogni personaggio ha un segreto, o almeno crede che sia tale, da custodire con gelosia, dietro una porta chiusa a chiave, o in cantina, da condividere solo in casi estremi. Chi osserva da una finestra potrebbe essere osservato da un’altra, chi ha tradito potrebbe esserlo stato a sua volta, chi è morto potrebbe non esserlo davvero.
A togliere il tappo dal vaso di Pandora, a scuotere la piccola comunità come un orso un albero di mele, un avvenimento tanto imprevisto quanto potenzialmente banale: il ritorno a Le Case di Samuele, giovane nato tra i vecchi sassi del paese e poi fuggito nella grande città in cerca di fortuna.
Con una scrittura potente e mai banale Sacha Naspini racconta una storia di disagi e ostilità, antichi rancori mai sopiti, delitti, imbrogli. Ci conduce per mano di casa in casa, svelandoci ogni volta, da consumato prestigiatore, altarini e inganni, dipingendo con rara maestria un microcosmo costituito da detriti taglienti e sangue antico, un piccolo grande mondo destinato a collassare su se stesso.